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A CARLO TESTI.


Benchè, o Carlo, alle Muse e ai sacri ingegni
Non son propizi, e grave torto fanno
I tempi aspri di guerre; io te pur veggo
Nel tuo dolce ritiro, anima saggia,
5Col buon Plutarco a canto, e col faceto
Censor di Samosata, e col divino
Vecchio cantor della troiana guerra
Passar l’ore tranquille. È dolce cosa
Quando è in tempesta il mare, e i rauchi flutti
10Sordide arene e infrante travi al lido
Portan tumultuando, in alta rupe
Star sicuro a mirar l’altrui periglio.
E non per questo, senza frutto i giorni
Ignorato e rinchiuso il saggio spende;
15Intanto che il politico s’affanna
A ricomporre le convulse membra
Dell’instabil governo, e ai duri geli
L’intrepido guerrier sta sotto l’armi.
Dono del ciel di sapienza il germe
20Invisibile al vulgo e solo ai raggi
Del cielo aperto e delle amiche stelle,
Lento matura. Poi talor raccolto,
Entro piene di luce eterne carte,
Si diffonde sul Mondo; in alto leva
25Più ancor l’umana stirpe, ed ai nipoti
Il ben d’un miglior secolo prepara
O sola, utile ognor, ognora oppressa
E dell’antico error tenuta schiava
Ragione e verità! pur ti consola:
30Cadono i tuoi tiranni; cade l’alto
Delubro delle larve: io sento il suono
Dell’ampia irreparabile rovina.
E pur armate in guerra invitte braccia,
Del consacrato inganno, e del terreno
35Oracol fosco, che del ciel si chiama,
Si son poste a difesa: e i chiari spirti,
Rei del delitto di veder la luce,
Vanno inseguendo perfide; e rapidi
Dalle scuole famose, in cupe torri
40Gli nascondono al giorno, e in lunghi stenti
Gli fanno miserabili perire.
In van: chè verità mai non s’estingue;
Verità vince; o dopo i di lugubri.