Che possiamo certo preveder di quelle 45L’aspettato ritorno. Oh quante volte
Segnossi il giorno; e nei confin del cielo
Puntò già l’astronomico compasso
Il sito d’un cometa a’ primi raggi!
Nissun, per quella notte, de’ seguaci 50De la candida Urania in sulle coltri
Posò il vigile fianco; avidi gli occhi
Accolser della notte il lento umore,
Finchè già stanchi, e d’ogni premio cassi,
Dall’ingrato mattin fur sopraggiunti. 55E tu saprai ridir donde ciò venga:
E risalendo a più alti precetti
Di quell’arte onde Archita eterno vive,
Dirai, che quando in ampi spazi immensi
Fugge dal Sol la ferruginea stella 60Inverso al firmamento; e forse corre
D’altro Mondo stranier presso i confini,
L’ignee sue vampe va perdendo, e ’l moto.
Dirai che allor, se il lento astro per via
In ciel cotanto inospito, e lontano, 65O sua simile altra cometa incontri;
pur pianeta, che a più certe leggi
Giri e s’avvolga ad altro Sole intorno;
Potria con esso lui fermarsi tanto,
Ricompensando la passata noja 70Del solingo cammin, che del suo moto
Il più sagace astronomo deluda:
Cose che ad ascoltar mutolo pendo.
Ma con nove minacce alcun non venga
Ad impormi timor, che il vasto globo 75Coll’urto suo le stabili colonne
Scuoter possa del Mondo. Il vano immenso,
Che sotto il Sole, e sopra il Sol si stende
Sino alle inabissate ultime stelle,
Forse a capir non basta il vario giro 80Delle vaganti in ciel lucide palle,
Che non abbian tra lor nel curvo moto
Coll’incontro a crearsi alto periglio?
Ecco al rumor che d’oltremonte scende
Di mal certo astronomico susurro 85Sulla misera Italia adoratrice
Degli antichi suoi servi: ecco repente
I palpitanti Saggi impallidire
Di pia credulità vittime pronte.
Il secondo Diluvio assai sgomenta 90Gli abitator de’ lidi, e la marina.
Già pria cara delizia, e di ricchezze
Vasta speranza, oimè! che al sguardo reca