355Venne a toccar, la misera vedevi.
Quasi risorta ad improvvisa vita.
Rattrarre i nervi, e con tremor frequente
Per incognito duol divincolarsi.
Io lessi allor nel tuo chinar del ciglio, 360Che ten gravò: ma quella non intese
Di qual potea pietade andar superba.
E quindi in preda a lo stupor, ti parve
Chiaro veder quella virtù che cieca
Passa per interposti umidi tratti 365Dal vile stagno al ricco argento, e torna
Da questo a quello con perenne giro.
Tu pur al labbro le congiunte lame.
Come ti prescrivea de’ Saggi il rito,
Lesbia, appressasti; e con sapore acuto 370D’alti misteri t’avvisò la lingua.
E ancor mi suona nel pensier tua voce.
Quando al veder che per ondose vie
L’elemento nuotava, e del convulso
Animal galleggiante i dilicati 375Stami del senso circolando punse;
Chiedesti al ciel che da l’industri prove
Venisse all’egra umanità soccorso. Ah se così, dopo il sottil lavoro
Di vigilati carmi, orror talvolta 380Vano di membra, il gel misto col foco,
Ti va le vene ricercando, e abbatte
La gentil da le Grazie ordita salma:
Quanto, d’Italia onor, Lesbia, saria.
Con l’arte nova rallegrarti il giorno! 385Da questa porta risospinta, al lampo
Dei vincitor del tempo eterni libri,1
Fugge ignoranza; e dietro lei le larve
D’error pasciute, e timide del Sole.
Opra è infinita i tanti aspetti e i nomi 390Ad uno ad uno annoverar. Tu questo,
Lesbia, non isdegnar gentil volume
Che s’offre a te: da l’onorata sede
Volar vorrebbe all’alma autrice incontro.
D’ambe le parti immobili si stanno. 395Serbando il loco a lui, Colonna e Stampa2
Quel pur ti prega, che non più consenta
A l’alme rime tue, vaghe sorelle,
Andar divise; onde odono fra ’l plauso
Talor sonar dolce lamento: al novo