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altre poesie | 105 |
Epitaffio di nobile cavallo della marchesa de’ Belcredi.
(2 aprile 1788.)
L’agil destrier che disdegnar parea
La man stessa d’Orlando e di Gradasso,
E sol veniavi mansueto e basso,
E sol, Donna, da voi legge attendea;
Quel che disciolto, il Zefiro potea
Lasciarsi a tergo superato e lasso;
E altier compose il portamento e il passo,
Sotto l’incarco di sua bella Dea;
Oimè qui giace; d’atro assenzio e fele
I precordi gli sparse invida Parca,
E rinchiuse sua gloria in poca terra,
Or sotto l’ombre vi sarà fedele,
E sdegnerà Proserpina e il Monarca;
Chè intatto è il cor che si portò sotterra.
SUL GIUOCO DE’ TAROCCHI.
(1783.)
Che venir possa il canchero negli occhi,
E cada sì, che il collo, e il cul s’ammacchi,
E nido sia di cinquecento acciacchi.
Chiunque loda il gioco de’ tarocchi.
Gioco da scioperon, gioco d’allocchi,
Che la mia borsa malamente intacchi.
Va al diavol: che i sonagli alcun t’attacchi,
Poichè m’hai rovinato ne’ bajocchi.
E tu, speranza, che sempre agli orecchi,
Susurri le promesse a’ mammalucchi,
Di rifar con vittoria i danni vecchi;
Che l’ancora di mano alcun ti spicchi:
L’àncora vana, colla qual ci cucchi;
È sopra quella a ciel seren t’impicchi.
PER IL PROPOSTO DI TAGLIUNO1.
(1786.)
Tu ch’entrar per quest’uscio t’apparecchi,
Sappi che quivi con pochi bajocchi,
Fece un museo, qual mai non vider occhi.
Don Crispino, a cui il ciel salvi gli orecchi.
- ↑ Era il reverendo don Pier Luigi Borella.