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102 | altre poesie |
4.
Se si fa qualche sfarzo o qualche festa,
Se si mette l’anello ad un Dottore.
Se nasce un figlio maschio ad un signore,
Se in matrimonio alcun legato resta;
Se una piglia di monaca la vesta,
Se a Pasqua vassen un Predicatore,
Se ballò ballerina con onore,
L’occasione d’un Sonetto è questa.
Anzi mill’altre prossime occasioni,
Prossime sì come al briaco il vino,
Varie di sorti, e casi, e condizioni;
Nè le puote schivare il poveretto:
Però vedrete allor, per rio destino.
Pender dai muri il misero Sonetto.
5.
Ma udite in grazia ognun la mia protesta,
Onde a me stesso assicurar l’onore.
Se mi usano a lodar vero valore,
Per me occasione d’allegrezza è questa;
Ma se di messer l’asino le gesta
Io debbo celebrar nuovo cantore;
Vedete ch’io mi copro di rossore,
Siccome il granchio quando cotto resta.
Misero! allor mi fischian tristi e buoni,
E volteriami al muro, se il bollino
Non mi tenesse fitto pei cantoni.
Dunque quando leggete un tal Sonetto,
Accusate il poeta malandrino;
Ch’io di colpa cotal per me son netto.
6.
Io sono Sonettessa, e non Sonetto,
Inventata da Borga Anton Maria;
Non per necessità, ma per diletto.
I due Terzetti io soglio metter pria;
Poi l’uno dopo l’altro Quadernetto:
E questa è nuova usanza tutta mia.
Perchè la varietà fu sempre grata,
Fu inventato quest’ordine diverso:
Benchè non sembri che sia ito a verso
Fin ad or alla gente letterata.
E perchè par che sia la donna nata
Per far dire e pensar tutto a riverso;
Non lasciando io le rime sul suo verso,
Per questo Sonettessa io son chiamata.
7.
Infra la turba generosa altera
Dei sopranobilissimi Sonetti,