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E tosto un grido di gioia eruppe dal suo petto oppresso. La chiave girava a meraviglia, la tavola dinanzi si abbassò lentamente, ponendo allo scoperto una quantità di piccoli cassetti.
Maria li aprì uno dopo l’altro, frugando in tutti con ansioso ardore. Vi trovò delle cambiali, lettere di donna, gioielli, denari.
Mise da parte la lettere, spargendo di mano in mano al suolo gli altri oggetti che trovava: era sotto il dominio di una viva impazienza; la sua emozione ritornava, cresceva, diveniva più pungente.
Finalmente nell’ultimo cassetto, scorse un piego voluminoso, rattenuto da una fascia, su cui stava scritto a grossi caratteri. — Documenti riguardanti il conte Ercole Patta. — Con quei fogli, Maria avrebbe potuto perdere l’uomo che aveva aiutato Diego ad ingannarla; con quel tremendo segreto, ella poteva ancora salvarsi, avere una posizione, un avvenire.
Ma la generosa e sventurata creatura non pensava a sè; ma a Gabriele, ad Adriana. L’uno era divenuto suo amico, si era appoggiato a lei con somma fiducia, l’aveva chiamata sorella; l’altra era caduta ai suoi piedi, chiedendole perdono d’averla sospettata, poi l’aveva stretta fra le sue braccia, pianto con lei.
Pareva quindi a Maria che se avesse potuto contribuire alla felicità di quei due cuori ammirabili, amanti, Dio le avrebbe forse perdonata la sua colpa, il suo delitto.
Fu quindi con una specie di straziante ebbrezza,