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— Mi chiamo Gabriele Terzi.
Un grido sfuggi dalle labbra della guantaia.
— Gabriele Terzi... voi! — proruppe con accento vibrata, convulso — Signore, volete prendervi giuoco di me.
Annetta guardava impensierita i due giovani, senza nulla comprendere.
— Non ho affatto la volontà di scherzare, credetelo; vi ho detto il mio nome, che voi dovete conoscere.
— Ebbene, sì, conosco questo nome e la persona che lo porta — replicò con impeto Maria — ma voi... non so chi siete...
— Perchè mentire? Sapete bene che nessun altro all’infuori di me porta un tal nome; il marchese Diego deve avervelo detto per farvi sua complice nella trama, che doveva perdermi nell’anima della contessina Adriana...
Maria credeva diventar pazza: davanti agli occhi le passavano dei bagliori sinistri e slanciandosi verso il giovane, gli strinse il braccio con violenza, esclamando:
— Signore, cessate ve ne prego una così orribile commedia o non rispondo più dì me stessa: il marchese Diego non lo conosco, ve lo giuro, mi pare bensì di averlo sentito nominare... ma non comprendo... ciò che vogliate dire...
Eravi tanta sincerità nell’accento straziante della bella guaritala, che il giovine si sentì scosso.
— Ascoltatemi — disse gravemente — non è possibile che io m’inganni così. Voi dite di conoscere Gabriele Terzi?