Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/60

56


Alla sera, alquanto più calmo, decise di recarsi in traccia della guantaia, della quale si parlava nella lettera della contessina.

— Ella potrà spiegarmi questo mistero che non comprendo, — mormorò.

Si vestì in fretta, rinfrescossi il viso e senza neppure gettare uno sguardo allo specchio, uscì di casa e si diresse tosto a Porta Vittoria. Non tardò a ritrovare il negozio di Maria. La giovine era seduta dietro il banco, vicino ad Annetta. Il pallore dal suo viso nulla toglieva allo splendore della sua bellezza affascinante, tanto che Gabriele ne fu colpito al primo vederla e rimase tocco dalla grazia con cui l’accolse, quando entrò in negozio, credendolo un avventore.

Si era alzata, mostrando la persona ben formata, provocante e con un dolce sorriso:

— Che cosa desidera il signore? — chiese.

— Vorrei parlare un momento con voi.

Maria fece un atto di stupore, mentre Annetta si alzava a sua volta, esclamando con tono brusco:

— Che vuole da mia figlia?...

— Ah! è vostra figlia — disse Gabriele — tanto meglio: quello che ho da chiedere a lei, non vi deve essere ignoto.

Il pallore di Maria aumentò: presentiva un pericolo che si avvicinava.

— Io non vi comprendo, signore — balbettò — non vi conosco...

La prima impressione provata da Gabriele era scomparsa: nei suoi occhi brillava un lampo di collera.