Pagina:Invernizio - La trovatella di Milano, Barbini, Milano, 1889.djvu/46

42


mozione non durò a lungo. Adriana alzò gli occhi divenuti asciutti e con accento freddo, scevro da ogni irritazione.

— Padre mio — disse — voglio conoscere quella fanciulla, parlarle: se ella mi conferma i tuoi detti, ti giuro che disprezzerò Gabriele quanto l’ho amato, realizzerò i sogni che facesti per me.

Ella non vide il lampo di trionfo, che solcò le pupille del conte.

— Il tuo desiderio — rispose — può essere appagato. Quell’infelice vittima di un vile seduttore, è Maria, la bella guantaia di Porta Vittoria, una fanciulla che aveva fama di onestissima. Tu puoi mandarla chiamare colla scusa di fare degli acquisti.

Adriana si alzò tremenda per sangue freddo, bella di un livido pallore.

— Hai ragione — disse — lo farò tosto.

E mentre il conte usciva dalla stanza, suonò con violenza il campanello ed alla cameriera accorsa, dette le istruzioni necessarie, per appagare il desiderio di vedere la sua rivale.

Come soffriva, povera Adriana! A momenti sentiva venirle meno il coraggio, mancarle il cuore, gonfiarlese gli occhi di lacrime. Poi pensò che mostrandosi così sconvolta alla guantaia, poteva farle concepire qualche sospetto, onde cercò di frenarsi, si rinfrescò il viso, gli occhi, indossò un abito da casa, color corallo, ricamato in oro, che le stava a meraviglia, avvolse in giri capricciosi attorno al capo la stupenda capigliatura, fermandola con un pettine tempestato di brillanti; poi