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orecchio al cuore di lei e con un fremito di gioja indescrivibile, si accorse che batteva ancora.

— Vive, la salverò! — disse la popolana con mirabile espressione di entusiasmo, di risolutezza, dimenticando i proprii dolori in quella nuova opera di carità.

Annetta portò la fanciullina sul letto e si mise a svestirla delicatamente, per riscontrare se aveva qualche ferita sul tenero corpicino. Intanto non potè a meno di rimarcare la biancheria finissima, l’eleganza degli stivaletti, le calze di seta a trafori e sopratutto la colpì un bizzarro medaglione d’oro, che raffigurava una testa da morto, appeso ad una microscopica catenella pure d’oro.

La popolana mise tutto da parte e constatato con piacere che su quel corpicino di una bianchezza nivea, non eravi la minima scalfittura, si adoperò a tutta possa per far rinvenire la bambina. Difatti questa non tardò ad agitarsi, ad aprire gli occhi, balbettando:

— Mamma, mamma.

Annetta fu assalita da una commozione straordinaria a quella vocina dolce, carezzante.

Si chinò a baciare la bambina, che sorrise ripetendo:

— Mamma.

— Non sono io la tua mamma, cara, ma sento già di amarti come tale. Dimmi chi sei, come ti chiami.

La bambina la fissava con due begli occhi di un azzurro profondo, dallo sguardo un po’ trasognato, smarrito. Balbettò alcune parole incomprensibili, poi si mise a piangere.