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tri, facendo prodigi di valore; infine Annetta Durini, che fu compagna al marito nelle barricate di porta Tosa, ora Vittoria, dove il coraggioso popolano trovò la morte.

La moglie che se lo vide cadere ai piedi, non si abbandonò ad atti di dolore, di disperazione: inginocchiatasi, baciò con rispetto quella fronte crivellata di palle, tolse dal collo del morto una sciarpa inzuppata di sangue, che nascose in seno, poi sorse animosa, ricominciando a combattere.

L’idea di vendicare quel prode, che ella avea tanto amato, accrebbe la sua energia, la fece comparire come trasfigurata. Annetta Durini aveva oltrepassati i quarant’anni; ma la freschezza della carnagione, gli occhi scintillanti, i denti bianchissimi, i capelli folti e neri, la facevano apparire assai più giovine.

Indossava un abito corto, stretto ai fianchi opulenti, un corsaletto le cingeva il busto scultorio; portava il cappello all’italiana; al collo teneva un fazzoletto di seta negligentemente annodato, in mano la carabina, alla cintura un pugnale ed una pistola.

A Porta Tosa, ebbe il cappello portato via dalle palle nemiche, per aver difesa una famiglia, che stava per cadere in mano ai Croati; più tardi, mentre confortava un moribondo, fu ferita alla nuca. Tuttavia non si scompose e malgrado il sangue che le pioveva sul collo e sulle mani, continuò il suo pietoso ufficio.

Durante le cinque giornate, Annetta non posò mai le armi; ma allorquando gli Austriaci ebbero