ditando loro quanto fosse antica l’arte dell’incidere in gemme incominciando dagli ebrei, dai quali l’appresero le altre nazioni, e prima degli altri gli egiziani, i caldei, i persiani, da cui i greci che in particolar modo vi si distinsero. Come fosse perfezionata fra gli etrusci, di che fan fede alcune patere da essi vagamente lavorate, e vari cammei e profonde incisioni in pietre dure1. Come inoltre dai greci passasse ai romani specialmente a tempi di Augusto e di Livia, e perciò quanto fosse importante lo studio di questi lavori de’ buoni secoli. Nulla teneva loro celato di quanto potesse ridondare al perfezionamento dell’arte, ed al modo di dare internamente alle pietre quella pulitura e vivezza, che conobbero e seppero darvi gli antichi, modo che andò nel progresso del tempo perduto, e che solo il Pichler con la sua ingegnosa ed acuta mente era giunto a ritrovare2. Il perchè ben
- ↑ Pignotti - Storia della Toscana T. I lib. I. p. 102.
- ↑ Il metodo è il seguente. Andar sopra il lavoro e ricercarlo diligentemente prima con un ruotino di bosso tinto nel petroglio o nafta, e nella polvere sottilissima del diamante; ripetuto più e più volte questo atto v’induce a poco a poco una certa pastosità ed appannata levigatezza, massimamente nelle pietre più dure di natura cristallina, come sarebbe nel rubino, nel zaffiro ecc. fino al topazio, cosa non necessaria in quelle di natura meno compatta, come nell’agata. Questa prima è seguita da un’altra operazione indispensabile in ogni sorta di pietre, ed è un secondo polimento più forte con ruotina di rame,