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Restituito alla sede del Vaticano con inaudito trionfo il gran Pontefice Pio VII, ambì il Pichler per la devozione somma che serbavagli, e della quale aveva saputo dargli prove manifeste con pericolo della stessa sua vita, di essere ascritto fra gli Ufficiali di quella scelta guardia civica destinata a scortarlo ed accompagnarlo. In questa sola occasione seppe Luigi imprimersi nella mente, e ritrarne l’augusta effigie per modo, che lo stesso Pontefice, cui la sottopose, ne restò sorpreso, e tenne vieppiù l’artista in particolare amorevolezza.

Ma per quanto il Pichler amasse grandemente e Roma e i suoi, fu nel 1818 astretto a cedere agli onorifici inviti, che venivangli fatti dal Ministro degli affari esteri principe Metternich in nome dell’Imperatore Francesco. Quel profondo diplomatico non aveva mai perduto di vista, specialmente dopo il ritratto eseguitogli dal Pichler, il desiderio manifestato molti anni prima dal medesimo Imperatore, e però voleva arricchire l’Accademia di Vienna di sì valente artista col nominarlo professore d’incisione in pietre dure nell’I. R. Università di belle arti. Era egli è vero qualche anno dacchè il Ministro Imperiale residente in Roma tentava la stessa cosa, ma il merito d’averne vinta la ritrosia fu tutto del Metternich.

Eccolo adunque precettore in un’illustre Accademia ove altri professori facevano di loro bella mostra: eccolo tutto occupato intorno la sua scuola, quando a nome dell’Imperatore riceve dal Principe Ministro un novello contrassegno di stima. Aveva in animo Francesco I di dare una testimonianza di filiale affetto e