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consistente1. Ciò non fu detto, ch’io sappia, da alcuno prima del 1558, ma fu anche meglio spiegato undici anni dopo dall’illustre prelato veneziano Daniele Barbaro, il quale nella sua Pratica della prospettiva2 avvertì, che quando si è adattata una lente convessa al buco fatto in una finestra d’una stanza, e si sono chiuse tutte le altre finestre e porte della stanza stessa, talchè in essa non entri lume che da quel buco, se incontro alla lente si ponga un foglio di carta a tale distanza che gli esterni oggetti vi si veggano rappresentati, si potrà nella stessa carta con un pennello segnare e colorire quanto ivi si vede, secondo che la natura mostrerà all’osservatore, sì veramente che questi tenga sempre ben ferma la carta, fino a tanto che non abbia terminato il disegno.

7. Dalla esattissima descrizione che il Barbaro fè della camera oscura si vede, ch’egli conosceva ottimamente un tale apparecchio, ed il modo con cui se ne debbon disporre tutte le parti, acciocchè l’esperienza riesca tanto perfetta, quanto si può desiderare. Egli mostrò di sapere, che le immagini prendono il maggior grado di chiarezza e di perfezione alla distanza focale della lente, notando che ad una determinata distanza della lente dalla carta gli oggetti esterni si veggono più distintamente. Aggiunse che questa distanza si può determinare accostando e discostando il foglio dal vetro, finchè si trovi il conveniente sito. Avvertì che alla buona riuscita di tale sperienza si richiede sole chiaro e bello. Insegnò do-

  1. Magiae naturalis sive de miraculis rerum naturalium libri IIII. Lib. IV, c. 2.
  2. Parte nona cap. V.