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sono gli occhiali dei giovani che hanno la vista corta1. Le stesse avvertenze si trovano in una lettera di Gio. Battista Benedetti priva di data, e pubblicata nel 1585, cioè cinque anni prima della sua morte: ove dopo aver detto che in una stanza, le cui mura sieno imbiancate, e che abbia lume soltanto da un piccol foro, si vedranno chiaramente rappresentate sulle pareti le immagini degli oggetti esterni quando pel detto foro s’introduce la luce solare, soggiunge: « Non voglio passare sotto silenzio un altro mirabile effetto della medesima causa, ed è che se quel buco si faccia rotondo e della grandezza d’una lente, e quindi si chiuda con una di quelle lenti che si fanno pe’ vecchi, non già di quelle di corta vista, cioè una lente convessa, non già concava, e poscia s’opponga un bianco foglio di carta tanto distante dal foro che gli oggetti esterni vi compariscano, questi oggetti si vedranno sì chiari e distanti, che nulla di più bello e di più dilettevole si può vedere »2.

5. Da tali insegnamenti ben si conosce, che l’artificio di adattare una lente convessa al buco della camera oscura, per render più chiara e distinta la rappresentazione delle immagini, fu descritto da altri fisici italiani prima che venisse in luce la Magia naturale in venti libri. Puossi pertanto con sicurezza asserire che un tale miglioramento non appartiene al Porta.

Sembrami così sufficientemente provato che il

  1. La pratica della prospettiva di monsignor Daniele Barbaro. Parte nona, cap. V.
  2. Io: Baptistae Benedicti patritii veneti, Diversarum speculationum mathematicarum et physucarum liber, pag. 270. Taurini MDLXXXV.