38. Il Montucla, nella prima edizione della sua storia delle matematiche fatta nel 1758, toccando i pregi dell’opera che ha per titolo: Photismi de lumine et umbra ec., affermò che in essa l’illustre autore svela l’uso del cristallino, e molto s’avvicina alla scoperta delle immaginette che si dipingono in fondo dell’occhio. Quattordici anni dopo il celebre fisico inglese Giuseppe Priestley, narrando la scoperta de’ telescopi, dopo aver detto che al Keplero si deve la dottrina della rifrazione in mezzi di diversa specie, soggiunge che qualche cosa di questo genere era già stata fatta dal Maurolico1. Ben dovè conoscere il Giuseppe Priestley, che un giudizio sì vago delle importanti ricerche di quest’illustre italiano su tal oggetto sarebbe sembrato ben poco soddisfacente a molti de’ suoi lettori. Quindi si scusò di non aver meglio determinato i diritti del Keplero e del Maurolico nella scoperta della visione, dicendo non essersi potuta procurare l’opera di quest’ultimo, in cui di ciò si tratta. Sebbene poi il Montucla non si mostrasse mai troppo favorevolmente prevenuto per gl’italiani, anzi spesso trascurasse d’illustrare i loro lavori, come meritavano, tuttavia il Giuseppe Priestley sospettò che il Montucla nel narrare i progressi dell’ottica desse troppo al Maurolico. D’un tal sospetto diè due ragioni: la prima delle quali è che G. B. Della Porta non fè menzione delle scoperte del Maurolico; la seconda, che molti rispettabili scrittori attribuiscono al Keplero le scoperte relative alla visione, e specialmente l’uso delle lenti convesse e concave per le varie strutture dell’occhio. Ambedue queste ragioni sono vane ed in-
- ↑ The history etc. p. 65.