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notando che in quelle persone, nelle quali la superficie del cristallino ha poca convessità, i raggi visuali si raccolgono troppo tardi, e però la vista molto bene si estende agli oggetti lontani: ma poco è acconcia a distinguere le cose vicine1.

Dà anche la ragione del trovarsi ordinariamente ne’ giovani il difetto del miopismo, e ne’ vecchi quello del presbitismo, con dire che il cristallino cambia di forma coll’andar degli anni nello stesso uomo, e rendendosi per l’indebolimento degli umori nella vecchiezza meno tumido, fa che l’unione dei raggi troppo si protragga.

Richiamando il principio già da lui dimostrato, che le lenti convesse adunano e le concave disperdono i raggi, avverte essere una necessaria conseguenza di tal verità, che le lenti convesse correggano il difetto della lunga vista e le concave quello della vista corta. Per un tal modo egli rende ragione di un fatto ben noto per pratica, ma non ispiegato per avventura da alcuno prima di lui, cioè che gli occhiali concavi giovano ai miopi e i convessi ai presbiti2

37. Delle cose fin qui dette intorno alle dottrine del Maurolico si può ben conoscere, che questi ottimamente decrisse gli effetti prodotti ne’ raggi luminosi dalle lenti convesso-convesse e concavo-concave, la struttura del cristallino, l’importante ufficio di quest’organo di raccogliere come una lente di convergenza i raggi che penetrano nell’occhio; e diede le vere cagioni della lunga e della corta vista e del

  1. Op. cit. pag. 77.
  2. Op. cit. pag. 78.