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LIB. I. §. §. 54-59. 19

il soverchio rigore dei padroni; in fatti detto Sovrano, essendo stato consultato da taluni Presidenti delle Provincie riguardo agli schiavi che si rifuggiano nei tempj degli Dei o appo le statue dei Principi, ordinò che il padrone, la cui severità risultasse incomportabile venisse obbligato a vendere il proprio schiavo. Queste due disposizioni sono giuste, giacchè non dobbiamo mai abusare del diritto nostro; ed è per questo che ai prodighi viene interdetta l’amministrazione dei loro beni. §. 54. Del resto, siccome presso i cittadini romani, il dominio è di due specie, potendo esservi sugli schiavi diritto bonitario, oppure diritto quiritario, ed anche ambedue tali diritti, diremo che uno schiavo posto fra i beni del padrone sia in di lui potere benchè desso non abbia sullo schiavo il diritto quiritario; nè si ritiene che il nudo diritto quiritario basti da solo a conferire la potestà sullo schiavo.

§. 55. Parimenti, sono in potere nostro i nostri figli nati da un legittimo matrimonio; il quale diritto è proprio dei cittadini romani; imperciocchè non v’hanno quasi altri uomini, che abbiano tanta potestà sui figli quanta ne abbiamo noi; egli è ciò che Adriano disse in un Editto che ha proposto riguardo a coloro che gli domandavano il cittadinatico per essi e pei figli; tuttavia non ignoro, che i Galati ritengono essere i figliuoli in balia dei genitori.

§. 56. I cittadini romani tengono i figli loro in potere, se banno sposato cittadine romane, oppure latine, ovvero anche straniere con cui avessero avuto il conubium; giacchè siccome il conubium fà che i figliuoli seguano la condizione del genitore, ne viene, che non solo nascono cittadini romani, ma eziandio sottoposti alla paterna potestà.

§. 57. Quindi, le costituzioni dei principi concedevano non di rado ai veterani il conubium con donne latine o straniere pel primo matrimonio da essi contratto dopo il loro congedo; ed i figli nati da questo matrimonio sono cittadini romani, e sottoposti alla patria potestà.