Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
XXXIV | introduzione |
difficoltà, e dei casi rinascenti dalli attriti dei presenti interessi, che escono da un fondo così fattamente diverso, a paragone dell’antico.
A questa obbiezione più speciosa che solida va risposto, che le dottrine civili e le teorie legali che abbiamo negli attuali codici o nei libri recenti sono figlie delle antiche, e che male si conoscerebbero senza lo studio della genesi e delli esplicamenti successivi; studio che si verifica colla lezione della Storia del diritto, parte essa stessa integrante della scienza, e delle Fonti.
L’opera di Gajus la più dettagliata che si abbia sull’antico diritto romano, ha pure una importanza pratica, in quanto serve a dilucidare molte idee giuridiche ed istituzioni civili che prima della scoperta erano ravvolte nell’oscurità, e perchè riferendo il diritto antico, dimostra istoricamente come sia stato poscia depurato, mitigato, ed ingrandito dalli Editti dei Pretori, dai Plebisciti, dai Senatus consulti, dalle Costituzioni dei principi, e dalla Dottrina, il che tutto è ivi esposto ai debiti luoghi colla maggiore perspicuità.
Circa la Dottrina, li Romani Giureconsulti, quibus permissum est jura condere (Gajus I, 7.), assumevano le funzioni legislative, ossia erano teorici e pratici insieme, e i loro responsi sono tanto più rimarchevoli ed istruttivi, che sono insieme leggi e teoriche. Non ignoriamo però quanta sia la riluttanza dei meri pratici ad ammettere la necessità di risalire agli scritti dei prudenti di Roma, ma non sarà malagevole persuadere gli studiosi che le legali materie siano dominate tuttavia, anche contro nostra voglia dai principi,