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per averne bramate le nozze, e la sacerdotessa Ippone per aver ricusato di danzare intorno agli altari di quella dea.
1 Asteria figlia di Ceo, sorella di Latona fuggendo gli amplessi di Giove cadde nel mare Egeo, ove fu mutata in quella vagabonda isoletta, che per destino non dovea quetarsi pria di essere divenuta culla, e nudrice di Apollo. È meraviglia, che questa Ciclade sia celebrata con inni sacri insieme con gli dei maggiori; onoranza, che non fu mai renduta ad altra terra natale di altro dio. Molti culti furono a lei dedicati, molte religioni per lei institituite, e non solo dalle vicine Cicladi, ma dalle tre parti del mondo, e fino dagli ultimi Iperborei le si mandavano solenni legazioni, e primizie, e per lei si faceano sacrificj, e certami musicali, e ludi, e cori, e feste d’ogni maniera. Si potria domandare, perchè Latona non si rifugiò subito ad Asteria sua sorella, o perchè Apollo, che pure così chiuso nel seno materno profetava, non accennò da bel principio alla madre l’unico luogo, in cui lo potea partorire. Artifizio del poeta sembrami questo, che per tal modo ha potuto comporre una macchina, e spargere di vaghissime imagini una favola per se medesima la più sterile di tutte. Quel peregrinaggio, e quella incertezza di Latona formano appunto il nodo del dramma, che tale si può chiamare questa favola. Per lo che giudiziosamente il poeta ha taciuto per tutto l’inno questa consanguinità; attenendosi forse ancora a qualche altra