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Che addetto a morte ver la Crea pendice
     35Mosse, e locò l’imago tua su i nudi
     Fianchi del monte, che da te si dice.

Vien, dea, che in elmo d’or la fronte chiudi,
     E torri adegui alla suggetta arena,
     E fragor di cavalli ami e di scudi.

40Non toccate del fiume oggi la piena,
     Ancelle, oggi Amimon vostr’urne aggreve,
     Oggi di Fisadéa ite alla vena.

Del fiume nò, dei fonti oggi Argo beve,
     Pieni d’oro e di fior vengon dai colli
45I lavacri che a Palla Inaco deve.

Allorchè nelle chiare acque s’immolli
     La dea, Pelasgo, dal guardar rimanti,
     Che dir non gioverà: veder non volli.

Gli occhi che viste avran scinte dei manti
     50Le membra della dea, che in rocche annida,
     Quest’Argo più non mireranno avanti.

Mentre che Palla all’Inaco si guida,
     Vergini, canterò storia non mia,
     Ma quale per altrui lingua si grida.