Specchi non le ponete o nardi intorno,
Nardi non ama o lucidi metalli,
15Il volto di Minerva è sempre adorno.
Il dì che trasse alle Trojane valli
Non ella i vaghi rai, non Giuno torse
Di Simoenta ai liquidi cristalli.
Gli occhi al miraglio suo Venere porse,
20E una fiata ed altra al crin le mani,
Cento stadi Minerva e più trascorse,
Quai sull’Eurota i due astri Spartani;
Poscia diffusa di liquor d’ulivi
Fiammeggiò come rose e melograni
25Umor dell’arbor sua recate quivi
A Castore diletto, e un pettin d’oro
Da solcarle del crin gli erranti rivi.
Vieni vieni, Minerva: il casto coro
Già delle amate verginelle incede,
30Progenie del magnanimo Acestoro.
Ecco lo scudo, o dea, di Diomede,
Antico rito, di cui fu radice
Il fuggitivo sacerdote Eumede.