Non fia diletta a nume altra cotanto,
Non Cillene a Mercurio, a Giove Creta,
330E non Cencri a Nettuno, a Febo io quanto, 27
E come l’altre in mar mi starò cheta:
Mentre favelli, il figlio di Latona
Alle materne poppe si disseta.
Da indi in quà nè Marte nè Bellona
335S’attentano appressar tue sante rive,
E la mano di Pluto a te perdona, 28
E viene ad intrecciar danze votive,
E l’are a te di novellizie adorna,
Tornando il Sol nelle giornate estive,
340Qual colà dove annotta e dove aggiorna,
Quale alla piaggia di meriggio aprica,
E quale alla gelata Arto soggiorna.
Questa la più di ciascun’altra antica
Boreal nazione ogni anno manda
345Un manipolo a te di nuova spica,
E ai Dodonei custodi l’accomanda
De’ sonanti metalli, e di là scorto
È poi di Meli alla petrosa banda;