Che madre irata a parvoletta figlia
Invocare i Ciclopi ha per usanza,
Sterope o tal di quella atra famiglia.
Mercurio allora da secreta stanza
80Pare, e le gote di fuliggin tinge,
E spegne alla ritrosa ogni baldanza,
Che in frettolosi passi si restringe
Tutta tremante alle materne stole,
E con ambe le mani il viso cinge.
85Non eri tu di là dal terzo Sole,
Che Latona a Vulcan sendo venuta
Pei doni usati a tenerella prole,
La prima volta, che ci fu veduta,
Su le ginocchia ti locò di Bronte,
90E tu del petto nella chioma irsuta
Le mani gli avvolgesti ardite e pronte
Sì, che dimostra ancor pelato varco
Sembiante a liscia per calvezza fronte.
Perchè col cuor d’ogni temenza scarco
95Incominciasti in tal libero suono:
Or su, Ciclopi, una faretra un arco