E percosso l’ovil, svelta l’aprica
Vite appiè del marito olmo, che geme
141Con tronche braccia su la tolta amica.
Oh giorno di dolor! giorno d’estreme
Lagrime! E crudo chi cader le vede
144E non le asciuga, ma più rio le spreme!
E chi le spreme? Chi in eccelso siede
Correttor delle cose, e con ôr lordo
147Di sangue e pianto al suo poter provvede.
Poichè al duol di sua gente ogni cor sordo
Vide il cantore della gran follía,
150E di pietà sprezzato ogni ricordo,
Mise un grido e sparì. Mentre fuggía,
Si percotea l’irata ombra la testa
153Col chiuso pugno, e mormorar s’udía.
Già il sol cadendo raccogliea la mesta
Luce dal campo della strage orrenda;
156Ed io, com’uom che pavido si desta,
Nè sa ben per timor qual via si prenda,
Smarrito errava, e alla città giungea
159Che spinge obbliqua al ciel la Carisenda.