V’eran leggi; il gran patto era solenne;
Ma fu calpesto. Si trattò; ma franse
162L’asta il trattato, e servi ne ritenne.
Pietà gridammo; ma pietà non transe
Al cor de’ cinque; di più ria catena
165Ne gravarno i crudeli, e invan si pianse.
Vuota il popol per fame avea la vena;
E il viver suo vedea fuso e distrutto
168Da’ suoi pieni tiranni in una cena.
Squallido macro il buon soldato e brutto
Di polve di sudor di cicatrici,
171Chiedea plorando del suo sangue il frutto;
Ma l’inghiottono l’arche voratrici
Di onnipossenti duci e gl’ingordi alvi
174Di questori prefetti e meretrici.
Or di’: conte all’eroe che ancor n’ha salvi
Son queste colpe? e rifaran gl’Insubri
177Le tolte chiome o andran più mozzi e calvi?
Verran giorni più lieti, o più lugubri?
Ed egli il gran campione è come pria
180Circuito da vermi e da colubri?