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ebanista, chi fabbricatore di pianiforti, tanto più abili, quanto più colti ed onesti.

E queste scuole di san Domenico Alfonso le prese tanto a cuore, che vi si trasferì col suo letto, le sue poche masserizie, i suoi libri, e ivi, forse per il luogo non sanissimo o per la fatica soverchia, cominciò la sua salute ed andare di male in peggio. Tanto ch’egli disperando d’essere più utile come prima, impensierisce, cade un poco in malinconia, e medita di chiudersi a Montecassino; invogliato forse dalla compagnia del Tosti, del Vera, che ora è morto anche lui, e più di tutti del Bernardi, col quale come un fratello avea dolcissimamente vissuto insieme molti anni. E stava perplesso e dimandava consiglio: ma poi gli parve di essere come illuminato da Dio, che non voleva abbandonati i bambini in mano di coloro che non glieli avrebbero educati per Lui. E non li abbandonò più, e insino a che ebbe fiato, stando in una sua casetta dove viveva solo, costantemente pensò a loro. E, non potendo lui, era già riuscito a mettere il fervore suo in parecchi giovani eletti di cuore e di mente, tra quali mi piace mentovare il mio Carlo Fiorillo, che, guidati da’ suoi consigli, per amore certamente de’ bambini, ma più d’Alfonso, con alacrità e perseveranza continuarono l’opera sua.

E Alfonso voleva un gran bene a questi giovani, e ne voleva a tutti, quando ne volevano ai suoi bambini. Così, d’una povera giovane, di cui non ricordo