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presente; ma il suo partire di questa vita dovette parere, ora che sono così pochi gli esempi di virtù, come il celarsi d’una stella in cielo involto di nuvoli. La sua fine fu, come ho saputo, quale a una vita santissima si conveniva. Il Bonanno, ch’è, per chi lo sappia, un bonissimo prete, che ha fatto sempre ad Alfonso un’assistenza affettuosa, mi scrisse ch’egli insino ai 14 d’agosto s’aggravò sempre più; tuttavia non pareva che dovesse morire tra breve. Quella sera anzi fu più sereno del solito: parlò a lungo della sua morta sorella, della festa dell’indomani, l’Assunta. Invidiava coloro che muoiono quel giorno; diceva: Domani vorrei sentire una messa cantata, ma cantata bene, cantata dagli angeli. Poi velò gli occhi e dormì. Un’ora dopo mezza notte si sente sonar forte il suo campanello: corrono i fratelli, in casa di cui egli era, e lo trovono oppresso da un impeto di sangue. Fece il segno della croce, co’ gesti domandò il Crocefisso, lo strinse al petto, lo baciò, chinò il capo e morì.

Il suo corpo fu portato alla chiesa de’ Gerolomini, accompagnato dai fanciulli degli asili e da quelli delle scuole di San Domenico, e da ogni ordine di cittadini; e di là, al camposanto, dove riposa aspettando la resurrezione. La sua anima, quello ch’era lui stesso, quell’Alfonso che operò il bene, quello che noi amavamo, è certamente anche al luogo suo, e non per frase, in cielo: là dove risplende la gloria di Dio; dov’è la sua sorella Beatrice; dov’è il suo amico Ro-