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Ascoltai.... Anna e Ortensia alla fabbrica Moser, erano entrate furtivamente nella dimora, nella camera di Roveni.

— Quando? — chiesi.

— L’altro ieri.

— A far che?

— Non ha sentito? — Ortensia proseguiva. — Tutto sossopra! Abiti, biancheria, cravatte.... Ma Anna non ha fatto in tempo, come me, a scappar via, e Roveni s’è vendicato!

— In che modo?

— A pizzicotti.

Io guardavo, stupito, l’ingegnere. Egli, indifferente, corresse:

— Non è stata; vendetta, ma legittima difesa....

Ecco la vita! Quei due avevan già forse contaminata l’anima d’Ortensia!

Dissi aspramente: — Ogni malesempio vien da Anna.

Ma senza temere e ridente Anna mi chiese:

— Cosa può dire, lei, di me?

Risposi: — Niente, io....

Ella si alzò, mi si avvicinò minacciosa tendendo le mani:

— Se lei pensa male di me le cavo gli occhi!

— Troppo! — le susurrai — : basta spegnere la candela.

— Ah infame! — Dica subito cosa ha pensato.... Subito!

All’orecchio le dissi (ecco la vita!):

— Ho pensato che si può spegnere una candela per infiammare un uomo.

La ragazzaccia protestò:

— Maligno! Perfido! Non è vero!... — ; poi, a vedermi un sincero disprezzo negli occhi, mi