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forza e della libertà; fiore dell’idea e fiore del sangue.

— Prendi! — disse Mino portandomene uno, di corsa.

Ecco.... Il calice capace e alto, merlato, ben munito al fondo; i petali copiosi, con quelle brevi frange marginali che sembrano moltiplicarli; il calamo così sottile e lungo, che ai nodi non si piega ma si tronca — frangar non flectar — ; le foglioline del gambo esili ma salde, forti, affilate come lame; e quel colore ardente fra l’umile verde opalino della pianta, e lo sboccio impetuoso fuori dell’intricato cesto, gli danno una apparenza di bellezza audace, di stranezza semplice, di letizia rude, di vigoria nobile e selvaggia.

Al mio paese, tornando dai vesperi, i giovani portano il garofano all’orecchio, quale segno di conquista; e le ragazze non se ne adornano esse, ma li coltivano con gelosia in una pentola crinata che adorna la finestra della loro camera, e se ne valgono a prove d’amore; tentazioni, sfide, promesse, premi e pegni d’amore.

Ma se ci son fiori che appaiono più belli quando sono sbocciati appena appena, o in prima fioritura, il garofano non’è bello che nella virilità. Prima, allorchè gl’innumerevoli petali, vivi e freschi, fanno forza al calice che li costringe a non espandersi e nascondono le antere e i pistilli, come per un pudore di adolescenza, allora è di una timidezza senza grazia, di una robustezza troppo impacciata e quasi stenta. Ma quando è maturo e aperto, quando nella festa della sua vita fende il calice, prorompe con vi-

Albertazzi. In faccia al destino. 6