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Una mattina ricorsero a me, l’una dopo l’altra, Marcella, la cameriera, Eugenia.

— Sa dove sia Ortensia? — ; dove sia la signorina? — ; dove sia la cervellina?

No, neppur Sivori lo sapeva. L’avrebbe saputo Mino; ma Mino appunto era stato prescelto da lei ad accompagnarla nel bosco, di là dall’antico convento, per raccogliervi bulbi di ciclami.

Senza di me! Quando tornò a casa la rimproverai con acerbezza; come avesse commessa una colpa grave davvero. Essa però prese i rimproveri allegramente.

— Perchè non ho chiamato lei, invece di Mino? Perchè?... per farle, dopo, una improvvisata! Non va bene? Una scusa che non va? Allora perchè....: per evitare una sgridata! Raccoglier cipolle di ciclami nel bosco.... Orrore! Ma no: neppur questo «perchè» la soddisfa? Ecco dunque la verità: m’è parso un passatempo non da uomo così.... burbero!

Quindi a me non rimase da far di meglio che star a vederla a piantar i bulbi nell’aiuola, solo sgridandola che s’interrava le mani, e lodando Mino, il quale, più savio, scavava con un paletto.

— Che m’importa delle mani? — ella disse. — Vedrà, vedrà che ciclamini! Io li preferisco a tutti i fiori.... E lei? Qual è il fiore che le piace di più? Dica! Voglio saperlo!

E Mino anche lui: — Di’ dunque, Sivori!

— Indovinate — risposi, ripensando al tempo che mi piacevano i fiori.

Mino esclamò, pronto:

— Le freddoline!

Ma Ortensia:

— I fiordalisi? Di giugno, quando il frumento