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terni mi sgridava se m’impolveravo gli abiti e non attendevo abbastanza alla toilette; e spazzolandomi e riacconciandomi la cravatta, borbottava:

— Oh che uomo! oh che uomo!

IX.

Ero certo che l’amore non aveva ancor molestato il cuore di Ortensia e che nessun corteggiatore le dava maggior pensiero di Pieruccio Fulgosi.

La breve dimora a Milano, l’inverno, le aveva consentito la molteplice distrazione d’una grande città, ma le abitudini della famiglia l’avevano sottratta alle occasioni di conversazioni e ridotti, che son propizie agli innamoramenti.

A Valdigorgo non vedevo chi potesse innamorarla.

Quando le Moser passavano in paese — e fuor dei giorni festivi era assai di rado — il giovane ufficiale postale e telegrafico esponeva il capo dall’inferriata dell’ufficio; l’assistente del farmacista correva sulla soglia della bottega; i perdigiorni del caffè interrompevan la partita a carte o a bigliardo.

— Le Moser! le Moser!

Ma tutti costoro e gli altri non da meno e non da più di essi, restavano come, a una visione celeste e tiravan di gran sospiri: il cielo è solo per gli eletti!

Dell’ingegner Roveni io non sospettavo affatto,