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fulvo e ispido, elle ne ascoltava le più affettuose espressioni con i grandi occhi stupiti e immoti e le gambe anteriori tese le aperte a un imminente sbalzo, se non di riconoscenza, di pazza gioia. Espressioni per il vitellino da fare invidia a un innamorato! Quanto a Sansone, il vecchio e bianco cavallo di Moser, lo abbracciava mentre esso le posava il capo su la spalla e tritava lo zucchero; ed erano abbracci così furiosi che per miracolo quello non se ne liberava con una zampata.

Con tali indizi d’indole affettuosa andavan altri che davano a conoscere non men vive le facoltà spirituali.

— Dopo che la mamma è guarita non provo più nessun bisogno di pregare. Come sarà? Certo non va bene!

Questo era effetto della giovinezza ritornata del tutto lieta; mia chiedeva a me:

— E lei non prova mai il bisogno di pregare? Mai?...

Io sorridevo, tacendo.

— E orribile! — Ortensia esclamava allora, dolente in modo da rivelare uno spirito passionale e profondo.

Che sarebbe di quest’anima all’uso della vita? Tenace nella passione, a chi s’affiderebbe quest’anima? Scemando l’esuberanza della giovinezza, così impulsiva, che mutamento avverrebbe in lei? Ogni indagine mi pareva una preparazione a difenderla un giorno e nello stesso tempo accresceva l’intima ragione del mio affetto.

Volli sapere i suoi più grandi desideri.

Alla domanda, dondolandosi a pena a pena nella poltrona ad arco, chinò le palpebre su gli oc-