Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/70


— 68 —


Fu un attimo. In un attimo ebbi io pure l’impressione d’una rivelazione improvvisa, d’una gioia ineffabile, d’un sollievo insperato e certo al mio lungo soffrire. Due anime, in quell istante, s’intesero. E Ortensia sorrideva d’un sorriso trepido, quale il suo sguardo....

Un attimo: le nostre anime ricaddero in noi. Ma l’affettuoso patto era già conchiuso.

VIII.

— Vuoi esser tu la mia sorella?

— Sì.

— Per tutta la vita?

— Sì! — rispose Ortensia con maggior fermezza. Mi porgeva, a conferma, la mano. Ma credè non bastasse:

— Sarò buona. Vedrà! Glielo prometto!

A me parve più bella; e mi sovvenne del birocciaio che avevo visto, stanco ed assetato, gettarsi alla sorgiva, innondare di ristoro il petto e riprender l’erta con vigore nuovo. Un benefizio consimile ma più grande, più grande io avrei dal consentimento di Ortensia; e questo non era, no, un’allucinazione, un’aberrazione, una puerilità di mente immiserita e di animo appena ridesto in un rinnovamento precario e ingannevole. No! Non speravo una guida al lume della fede e del vero; non supponevo nemmeno un ritorno alla fiducia in me stesso; ma dalla corrispondenza di un semplice affetto, di un bene umano, mi atten-