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La signora annuiva. Ma io mi corressi:

— Forse esagero, perchè attribuisco a questo bene, che mi manca e che comunque comprendo, anche la parte pura del sentimento che nessuna donna esaurì pienamente dal mio cuore. Sono certo però che quest’affetto può bastare a sè stesso; gli basta, per sussistere, nutrirsi di sè stesso; e ciò lo rende superiore forse a ogni altro.

Eugenia disse:

— Infatti quante mogli non buone sono sorelle buone.

Io proseguii concitato

— Oh l’affetto che nessuna colpa contamina, che nessuna volontà o finzione o profitto dirige, e che si esprime spontaneo, placido, continuo, in prove d’abnegazione, nella voluttà del sacrifizio! Disperato, solo, io mi son visto in un’interminabile via, irta di triboli. Tutti i beni a cui feci rinuncia eran perduti, e la vetta a cui tendevo era sparita. Sarei caduto se avessi avuto le parole che son balsamo allo strazio? le stesse parole che avrebbe avute per mia mia madre? Maledirei così il mio pensiero se io vedessi negli occhi di una sorella le lagrime stesse che piangerebbe, a udirmi, mia madre? Maledirei la vita se sentissi un cuore fraterno partecipare del mio cuore? Ma — conchiusi, triste: — una sorella non si trova!

Eugenia taceva, triste. Senza guardarmi, essa rigirava gli anelli nelle dita, considerandole, pareva, come bianche.

Mi guardava intanto, fisa, stupita, Ortensia; quasi quella mia disperazione fosse una rivelazione per lei....

Ed io le vidi l’anima negli occhi, come un’altra volta le avevo veduta....