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accorgessimo....; eppure non potevate nasconderlo. Non eravate più quello d’una volta. Perchè? Da prima ero un po’ curiosa, lo confesso; ma l’altra sera, quando vi costrinsi io a svelarvi un poco, indovinai, e avrei voluto non indovinare.

— Come? Che cosa indovinaste?

— Ricordavo con che entusiasmo mi parlavate una volta dei vostri studii. Io sono una povera donna; non so nulla. Ma quante volte mi dissi: «E se non fosse possibile arrivare dove Sivori vuole?» Comprendevo le fatiche che doveva costarvi il vostro ideale; comprendevo che voi non avevate nulla, non volevate nulla fuori di quello. Tutta la vostra vita era là. Mi dicevo: «Sivori non vuole ammogliarsi.... Come vive? perchè vive? Per i suoi studii. Non ha altro bene al mondo. Ma: e se per una causa qualunque perdesse la sua fede?...»

— Avete indovinato! — esclamai stringendomi il capo tra le mani e coprendomi la faccia con le palme.

Perplessa, col timore d’avermi fatto troppo male a vedermi in quel modo, essa ristette un poco. Poi riprese:

— Debbo dirvi tutto. Avere un ideale come il vostro e perderlo, deve essere un dolore immenso, una sventura immensa! Ma voi avete resistito. Avete sostenuto una lotta terribile, è vero?; ma avete resistito! Vedete dunque che siete forte. E siete ancora giovane. Perchè non volete persuadervi che potete avere altri affetti, altre consolazioni, forse un’altra fede?

— No! Quando si è perduta, la fede non si riacquista più; e io ho perduta la fede più bella, la fede di me, del inio ingegno, del mio cuore

Albertazzi. In faccia al destino. 5