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Questo consigliava un uomo che aveva goduto il mondo con tumultuosa natura e ferrea fibra; che aveva negato Dio e proclamata la sovrana libertà della mente umana....
Oh! ma se tutte le gioie dell’amore, tutte le lusinghe dell’arte e del sapere, tutte le ebbrezze della gloria, tutte le frenesie di tutte le passioni, valgono in realità meno che le favole della nostra fantasia, e lo scopo della vita è l’illusione, l’inganno, l’oblìo della vita, a che vivere?
.... Appunto in quei giorni, ad accrescere la mia pena, un’anima semplice e umile presso a me benediceva la vita.
Per Eugenia era imminente il «gran giorno».
La sera prima di quello Ortensia mi chiamò.
— Venga con me!
— Dove?
— Dove? Dove? Venga con me: lo saprà. Avrà una bella improvvisata.
Mi fece andar da sua madre. La convalescente era ancora alzata nella poltrona, presso l’ampia finestra, e avevan spenta la lampada, poichè la luna, quasi piena a mezzo il cielo, bastava.
Eugenia sembrava una imagine di cera in un velo di luce bianca.
— Alzata? — io dissi entrando. — Non vi affaticherete troppo?
— Mi sento così bene — rispose. — Guardate che sera!...
— Una delizia! un incanto! Par di sognare — esclamò Ortensia, entusiasta. — Io stasera sono felice.
Felice, venne ad appoggiare la sua guancia a quella della madre, come soleva.
— E Marcella? — chiese poscia la madre.