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commozione diversa e benefica. Ancora ella procedeva semplice e vaga, pur quando la nuova danza imprimeva una consapevole mollezza e cadenze a riprese leggiadre fino alla leziosaggine; e nei trapassi violenti al ritorno vorticoso, trascorreva leggera e composta, liberandosi con spontanea agilità dal contatto terreno.

Una voce dietro a me susurrò:

— È charmante quella bambina! Aveva parlato il cavalier Fulgosi.

— Che pezzo di carne! — disse invece il signor Learchi padre, alludendo ad Anna, che si rapiva Pieruccio.

— Anna è più coquette — giudicava il cavaliere. — E Learchi:

— Ha più grazia di Dio addosso. A quel che pare, suo figlio in queste partite è della mia opinione.

— Prime armi! — fe’ contento il mondano genitore.

Io continuavo a considerare Ortensia.

Alta, snella, bionda. I copiosi e fini capelli non erano di un biondo aureo, ma acquistavano riflessi d’oro a ogni luce; le linee del volto erano già in armonia così viva che essa poteva forse scemare, non perfezionarsi nella piena fioritura della giovinezza. Gli occhi aveva strani per un colore nè cilestre nè verde, e ombrati da palpebre lunghe; e sotto agli occhi due archi pallidi ma lievi lievi sarebbero stati segni di mestizia a chi l’avesse vista riposata e silenziosa: se non che era un po’ difficile vedere Ortensia riposata e silenziosa!

Le labbra si componevano insieme con un vezzoso moto involontario se prolungava le parole: