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garlo con l’animo sopraffatto da tutta l’infelicità umana....


XVII.


....Ogni giorno all’approssimare dell’ora che suo padre soleva tornare a casa, Ortensia gli andava incontrò per la viottola fra l’orto e la vigna.

Mino restava nella sua camera perchè Claudio, rincasando lo trovasse a studiare; e studiava infatti, povero ragazzo, per i prossimi esami.

Ma a quando a quando, egli svagava l’occhio dalla finestra, socchiusa per non essere visto, e invidiava la sorella che andava, incontro al padre per la viottola, al tramonto.

Così il 29 settembre. Mino è alla finestra e Ortensia è a mezza via. Come al solito, quando sarà al pioppo sradicato, laggiù, ella siederà ad attendere il babbo e torneranno insieme....

Quand’ecco dalla vigna sbuca, d’improvviso, un uomo; s’imbatte quasi in Ortensia. Non è l’ortolano. È un operaio.... o un povero? Ortensia si è fermata un istante e si rivolge: fa alcuni passi tornando indietro.... L’uomo resta immobile, con un braccio teso quasi per trattenerla. Ortensia si ferma; si rivolge di nuovo. Parlano; si comprende dai gesti d’Ortensia ch’essa lo sgrida. Che cosa dirà? Dirà: — Andate a lavorare, vagabondo!

Ma perchè non chiama Cleto? Dove sarà Cleto, l’ortolano? La vigna è già vendemmiata; e Cleto sarà lontano, nell’orto....