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Così mi dicevo. — Eppure nella vendetta del nostro nemico sentivo ancora qualche cosa di inferiore, di meschino; mi pareva inferiore alla sagacia di lui quella sua gita di lui a Bologna per poi fare impostare la lettera a Genova e studiare qua il modo più sicuro perchè la lettera andasse a posto.

Ma la smania della vendetta rende gretti l’animo e l’intelligenza. E che torbidi commovimenti doveva dare la passione a un uomo come Roveni!

Pensavo: quando egli possedeva Ortensia nella sua immaginazione, attendendo di possederla in realtà, che cosa lo tratteneva dal cedere alle seduzioni di Anna Melvi? Il confronto fra Anna e Ortensia. Le delizie che gli promettevano la bellezza di Ortensia superavano di tanto le tentazioni della Melvi che lui uomo sensuale, resistette; non si compromise. Ora fra le braccia di Anna quel confronto sarà tornato alla sua mente, e quale tempesta avrà suscitato nella sua mente e nel suo animo! Quale disgusto avrà egli di quella donna, e quale amarezza gli darà il pensiero del bene perduto! Anna, che non ha mai amato, Anna da cui ha un aiuto ignobile, l’accompagnerà da per tutto per rimprovero continuo della sua bassezza; Anna già lo vincola per pena della sua sconfitta, lo stringe per incitamento ai rimorsi....

Che castigo sarebbe questo se Roveni non trovasse lenimento nella vendetta! E perciò si capisce quello studio, quella cura a far pervenire ad Ortensia, con assoluta certezza, la infame lettera. Ma Roveni ha commesso un errore più grande del mio! Io non conobbi lui; ma lui non ha conosciuto Ortensia. — Così mi dicevo.

Ma no: anche con tutto questo, troppo, troppo in basso mi pareva che Roveni fosse precipitato! La immagine di lui s’affoscava ancor più nella penombra