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d’entrambi, affermasse o confermasse lei ad Ortensia la colpa della madre e mia.
— E tua madre, sa?...
— No. Per fortuna la mamma era entrata in casa allora, quando il portalettere mi fece segno, mi chiamò dal cancello. Non gridò, come al solito, ‘‘posta!,, ‘‘Ecco perchè — pensai — Roveni venne a Bologna„. E chiesi:
— Che data aveva la lettera? Hai visto? — insistetti io.
— Sul timbro di Genova c’era un quindici: son certa.
— Già; alla metà d’ogni mese partono molti vapori da Genova....
Rapidamente facevo tra di me questo calcolo: il nove od il dieci settembre Anna aveva inviato al cavaliere il biglietto datato da Milano; l’undici Fulgosi e Marcella erano alla Ca’ Rossa.
Mentre Anna partiva per Genova, Roveni aveva potuto seguir Marcella e il cavaliere a Bologna; prendervi disposizioni perchè la lettera andasse a posto, proprio in mano d’Ortensia, essere il quattordici a Genova; dettare e spedir la lettera, e imbarcarsi colla moglie. Tutto ciò era possibile; verosimile, vero. Era vero dunque che i nostri nemici navigavano per altri lidi! Finalmente m’era tolta del tutto la spina del cuore! Infatti Ortensia diceva:
— Un’infamia stupida! Ho visto che Anna mi dava la notizia del suo matrimonio, eppoi:
‘‘E tu, Ortensia, quando ti sposi? Bando agli scrupoli!...„
Nel riferire queste parole Ortensia ebbe il volto improntato del velenoso sorriso che Anna aveva dovuto avere scrivendole. Ma si ricompose; tornò lei,