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stava nel cuore, se Dio con tanto impeto di vita mi penetrava nel cuore. — Dio, Dio mi voleva felice! Dio doveva aver attutito la vendetta nel cuore del perfido, che ora navigava dimentico....
E alla Rita dissi che, che secondo l’usanza del paese, mi preparasse presto gli zuccherini nuziali. Non mi credeva, credeva scherzassi. Ma poichè insistetti, mi domandò se la sposa sarebbe quella che s’intendeva lei, la figliola del signor Claudio?
— Certo! Chi vuoi che sia?
Non scherzavo; e la vecchia cominciò a urlare:
— Biondo, correte! Correte!
Il Biondo sapeva che la moglie da cinque mesi giuocava, ogni settimana, più numeri che con cabala sapiente aveva ricavati dalla gran disgrazia dello zingaro, e perciò egli trottò verso di noi domandando:
— Son venuti? Ambo o terno?
I quattrini fan sempre piacere! Ma la moglie rispondeva:
— L’ha avuto lui, il signor Carlo, il terno secco! Meglio di un terno secco ha avuto! Non vedete che faccia? Non ve lo dicevo: date tempo al tempo?
E così via; finchè il Biondo ebbe appreso che la mia sposa era proprio quella che s’intendeva lui:
— La figliola del signor Claudio!
Si trasse la berretta e alzando la testa e le braccia al soffitto cantò, col più sincero fervor religioso: Te Deum laudamus!
Ma dopo, per tutto quel giorno, il Biondo tenne le palpebre abbassate. Chi gliele avesse alzate avrebbe forse aperta la strada a due lagrimoni. E non segò nè piallò, quel giorno; nè andò nel campo a guardar all’uva; non andò in paese a comprar tabacco. Solo fece fretta alla moglie che mi preparasse la cena e, n’avessi voglia o no, fui condotto a cenare mezz’ora