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spinse in gola l’esclamazione tremenda; sicchè, dopo, Claudio non seppe più che dire.

Disse:

— M’avete preso, tutti quanti, per un imbecille?

Nessuno rispose; o meglio, per timore del proverbio «chi tace conferma» credemmo meglio ridere tutti in una volta.

— Dunque è vero? — urlò egli con l’arma rivolta verso il principale colpevole, che ero io e tacevo.

Chi tace conferma: sì, è vero non che tu sei un imbecille, ma che io sono felice!

E Ortensia mi salvò. Si alzò; venne a susurrare non so quali portentose parole all’orecchio del padre. Vittoria! Claudio mosse all’indietro la testa per attingere dagli occhi della figliola una conferma e, persuaso alla fine che essa diceva sul serio, si diè per vinto benchè gridasse:

— Son brutti scherzi!... Una congiura!... Un tradimento! — E con voce già malsicura: — Ma se è vero.... Cavaliere, faccia pure il brindisi!

— Bene auspicando.... — Etcetera: il brindisi si prolungò in un’orazione che ebbe per termine il motto sursum corda! S’alzarono invece i bicchieri, ma al tocco di essi parve proprio che si toccassero i cuori.

Quando ci levammo da tavola io non pensai affatto a disingannare Claudio; il quale, sempre per uscir dal dubbio d’essere quel che aveva detto, borbottava: — Un tradimento! Tutti d’accordò.... anche Mino! È stato un tradimento!

Io ero ansioso di giustificarmi con Eugenia.

Ella parlò prima di me.

— Lo sapevo da un pezzo che vi volevate bene....