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gran galantuomo e cominciava a ritenere l’ingegner Roveni una canaglia. Allora lei non lo lasciò più vivere; gli diceva sempre: — Bella figura avete fatto col dottor Sivori quando venne a trovarci! Bella stima avrà di voi il dottor Sivori a udire che odiatie fin il vostro sangue!; — e così via.
Dopo aver disposto il marito a vergognarsi, un bel giorno la signora Learchi aveva detto di voler andare a Milano. Il imarito rifiutava di accompagnarla. — Andrò sola — disse lei.
E sì che la signora Redegonda non aveva mai viaggiato da sola; non era uscita da Valdigorgo che due o tre volte in vita sua! Il marito dovè cedere; l’accompagno; ma giurò che non avrebbe messo piede nella casa di suo figlio.
E la signora Redegonda: — Ci andrò sola. Mi aspetterete su la porta. — Ma quando furono su la porta giurò a sua volta che non sarebbe discesa finché il marito non fosse salito a prenderla.
Di nuovo animosa e rapida Marcella riferiva la scena intercalando frequenti: avete capito? capite?
Guido, capite? arriva a casa e vede.... suo padre con nostro figlio in braccio!
Anche Eugenia rideva di gusto.
Già: Learchi era salito; era entrato in casa chiamando ferocemente:
— Redegonda! Andiamo via! Vado via!
Ma la moglie voleva desinare, prima. E si era messa ad apparecchiar la tavola, mentre Marcella fingeva di preparare in fretta il desinare già preparato.
Bebe piangeva a veder quel vecchiaccio; la signora Redegonda, glielo pose in braccio perchè lo quietasse lui. Allora arrivò Guido.