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— Vedete? Ecco come mi avete conosciuta! Pensate anche adesso che io avrei potuto amare un altro come amai voi! Anche adesso ignorate il bene che vi ho voluto.... È una crudeltà! un’offesa! Mi difendo, ora! Dovete sapere tutto il male che mi avete fatto!

Sempre più concitata e pallida riprese:

— Sentite! Vi amavo fin da bambina! Per quello che udivo dire di voi da mio padre, da mia madre, vi avrei amato anche se non vi avessi mai visto; ma vi conoscevo. Ragazzetta, quando si parlava d’amori e di nozze, dicevo: «Voglio sposar Sivori». A diciassette anni, quando v’aspettavamo a Valdigorgo, dicevo: «Sono grande! sono una ragazza!, ma non voglio pensare a nessun altro che a Sivori, voglio pensare sempre a lui. Nessuna donna potrà mai dirgli, a Sivori, quel che gli dirò io un giorno: ho pensato sempre a voi; non ho mai pensato che a voi!» Veniste. Eravate così triste; infelice, malcontento di tutto. E mi diceste se volevo essere io la vostra sorella. Sorella! Avevo udito dirvi che bene sarebbe stato per voi quest’affetto; e mi parve una cosa sublime. Fui felice a scorgere il bene che vi facevo. Ma ero tanto inesperta! A poco a poco il mio affetto mutava, diveniva quale doveva essere, come era prima, ma più grande, molto più grande! E mi accorsi che anche voi mi amavate di più, in un altro modo. Oh allora! Il mio amore, diventò così grande che il bene di una sorella era nulla al confronto, era uno scherzo; un amore così grande che m’impauriva. Io vi amavo in modo che mentre sembravo così coraggiosa non osavo parlarvi, molte volte! molte volte tardavo a cercare di voi e avrei voluto na-

Albertazzi. In faccia al destino. 22