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— Cos’è là? — Tendeva la mano.

Un bagliore: dietro i pioppi che separavano il campo dalla risaia. Un biagliore d’incendio.

Che cosa poteva essere? Che cosa bruciava? Non era stagione da bruciar stoppie o rovi nei campi. Una cascina? una casa? Ma non ce n’erano da quella parte, non ce n’erano così vicine!... Il «capanno».... dello Zingaro?

— Brucia il capanno! — urlò la donna urtandomi, precedendomi, correndo.... Una furia; e gridava, forsennata, il nome del marito; invocava Dio, invocava aiuto. Le sue strida di «aiuto» trafiggevano quel silenzio atroce, quella serenità divenuta subitamente spaventosa.

Era vero: bruciava il capanno!

Muto, con lo sguardo teso al bagliore e alla distanza da superare, correvo io pure, e nell’approssimare mi pareva di scorgere l’ombra dell’uomo in delirio che agitasse le vampe dentro un cumulo denso e fondo. Era in salvo, l’infermo? O.... bruciava anche lui? Correvamo. E.... — il sangue mi si gelò nelle vene — : non mi aveva detto quella sciagurata che aveva lasciato a casa il figliolo più piccolo? «Dormiva».

Infatti chiamando aiuto, chiamando il marito quasi potesse udirla, essa teneva come sospese quelle terribili grida su di un grido che non osava gettare.... Oh tutto ciò straziava il cuore; gravava, enorme peso, sul capo!... Correvamo, correvamo.

Vicini, ormai: la donna tacque. Ad ogni nostro passo innanzi l’incendio, così luminoso di lontano, affoscava; le lamie rossastre tagliavano la fumana prorompendo dalla piccola finestra dalla porta, alzandosi sul culmine.