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Per un po’ di tempo parve invece che Claudio volesse stabilirsi a Bologna solo, ed Eugenia, Ortensia e Mino dovessero far famiglia con Guido e Marcella. Finchè Eugenia mi scrisse:


Ortensia non vuol restar lontano da suo padre. Non le importa affatto di abitare in città anche d’inverno. Aiutate Claudio a trovar una villetta per noi, in un sobborgo vicino al luogo dove Claudio avrà l’ufficio.


Feci subito ricercane un’abitazione, che convenisse, nel suburbio a destra del Reno.

E non trovai. Ma Claudio, nei pochi giorni che precorsero alla sua assunzione all’impiego, cercò e trovò: una, villa — egli mi scriveva — a poco più di un chilometro dalla fabbrica ove risiedeva l’ufficio principale. Neanche distava molto dal sobborgo, ove Mino andrebbe a scuola; ed era prossima alla ferrovia alla strada carrozzabile, alle botteghe, alla chiesa; e, quel che più importava in bella e buona posizione, quantunque in pianura, e tutta rimessa a nuovo. Sembrava l’avessero fatta a posta per lui! Si chiamava nientemeno che la Ca’ rossa!

E come Dio volle, cioè ai primi di maggio, mi fu annunciata la partenza dei Moser da Milano.

Ortensia a Bologna! Potrei vederla! rivederla di frequente!... — E Roveni? — Ah che la mia consolazione era tale da lenirmi la spina che avevo nel cuore!

Non ero esente da ogni timore, ma la mia gioia era tanta da rappresentarmi il pericolo di Roveni come sempre più dubbio.

Quando Ortensia fosse vicina a me la difenderei meglio e mi difenderei meglio!

Mi giustificava, in ciò, la passione, m’illudeva