Pagina:In faccia al destino Adolfo Albertazzi.djvu/314


— 312 —


«Già, un fratello! — io gridavo a me stesso: — Ortiensia vuol dire che non mi ama più e che non mi amerà mai più!»

E con tutto ciò, con tutti questi contrasti, io.... non me la prendevo con Sant’Antonio! Ne consultavo il lunario! e senza ironia me ne ripetevo le parole: «Tutto il male non viene per nuocere. Bisogna aver fiducia nell’avvenire».

Quali dunque le cause o la causa del mio mutamento? Forse all’intendimento della vita e all’elevazione dell’animo, il dolore può anche più dell’amore? E una notte feci questo sogno:

Nella vecchia chiesa del paese, ove fanciullo io avevo pregato a fianco di mia madre, si celebravano nozze solenni. Il Biondo gongolava; la Rita piangeva di gioia.... Poi la chiesa con tutta la gente scomparve, e vidi una nota camera: Ortensia, con me, entrava pallida e arridente sposa nella camera dove mia madre era morta.


II.


Verso la fine d’aprile ricevei una lettera di Claudio per la quale mi convinsi sempre più che la fortuna lusingava e confermava le mie speranze.

Mi giungeva quella lettera in un giorno così luminoso di primavera! Leggendola su la porta di casa, con avanti a me il prato pieno di fiori mi balzava il cuore quasi a un portento.

Claudio mi pregava d’informarmi, con prudenza, se davvero si era costituito in Bologna un consorzio delle fabbriche di laterizi poste su le