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gli avessi detta la verità: che avevo preferito vendere il podere!
— Hai ipotecato il fondo? a che frutto?
— Al cinque.
— E hai pensato che io non avrò più di quindici anni di lavoro utile davanti a me? I frutti ti saranno pagati puntualmente ogni anno; ma il capitale? Farò in tempo a renderlo?
— Sì — risposi scuotendo le spalle.
— Non mi sembra una gran somma!
A poco a poco, per i miei modi bruschi, egli si rianimava; nè tacqui il rimprovero:
— Però debbo dirti che ci saremmo risparmiate molte pene, tutti, se mi avessi avvertito a tempo....
— Hai ragione — mormorò ancora a capo basso. Ma d’un tratto balzò in piedi (io avevo ottenuto l’intento!): — No, hai torto! Che gli altri mi giudicassero, male, mi dessero dell’imbecille, pazienza! Ma tu, no! Non volevo!
Ribattei: — Sapendo che io ero qua, potevi almeno avvertirmi che non ti credevi sicuro.
— Perchè tu mi persuadessi a rimanere, a lasciarmi arrestare? Ti giuro, perdio! che non mi sarei lasciato prendere vivo, mai! La mia vita era legata a un filo; intendi? La mia difesa, la difesa della mia innocenza non mi avrebbe salvato. Dunque? Sono un galantuomo! — aggiunse con un grido di rabbia.
La commozione lo stringeva alla gola; e si mise a percorrere la camera su e giù: il suo sguardo pareva misurare un abisso.
Io non trovavo più alcun rimprovero che potesse impedire la crise. Finchè egli ridendo come non l’avevo mai sentito ridere, esclamò: