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amare e soffrire; qui un giorno Ortensia mi rivedrebbe lieto del suo perdono.

Ecco tutto ciò che desideravo. Non troppo, è vero? E bastava perchè all’antico pessimista sorridesse, ora, la vita!

La speranza però non mi rifioriva in cuore senza spine. Di quella più acuta mi fece sentire le punture l’amico Fulgosi; il cui ritorno precedette di poco quello di Moser.

Più di una volta a guardarlo bene nella faccetta sbiadita e nella personcina arida, io, dentro di me, avevo paragonato il cavaliere a un limone spremuto; ma nessuno, che si sforzasse a spremere qualche goccia da una buccia di limone, faticò mai più di quanto faticassi io a spremere dal cavaliere ricordi che non fossero alla sola superficie della sua memoria quando giunse da Valdigorgo. Cominciò la relazione dicendo:

— Sempre loro, sempre uguali, quelle care signore; così gentili! così buone! Si figuri che accoglienza mi hanno fatta! Quanti, complimenti! Troppi in confronto al mio merito. Ma ho avuto il piacere di vederle sorridere, per qualche barzelletta. Son proprio felice di aver fatta questa visitina! In viaggio poi me la son passata benissimo. Buon menu al restaurant.... A Novara è salita nel mio vagone una signora.... ehm!...

L’interruppi: — Mi parli di Eugenia; mi dica come l’ha trovata....

— Abbastanza bene, poverina! Davvero, credevo di trovarla peggio! È inutile dire che i ringraziamenti per lei, per il suo telegramma, per tutte le sue premure, sono stati infiniti, come infiniti gli elogi, ben giusti!, a tutte le qualità di mente e di animo dell’amico Sivori....